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Il 23 maggio il prof. Emilio Speciale, presidente della Dante Alighieri di Zurigo, ci ha lasciati dopo una lunga malattia. Gli rendiamo omaggio ricordandone la figura.

Emilio Speciale, italianista, esperto dell’opera di Giacomo Leopardi, è morto a Zurigo all’età di 63 anni dopo una lunga malattia. L’annuncio della scomparsa è stato dato dal Centro nazionale italiano di studi leopardiani di Recanati (Macerata), di cui è stato socio e collaboratore. Speciale è stato l’editore, direttore e curatore della “Rivista internazionale di studi leopardiani”. Ha curato opere sulla bibliografia leopardiana e il volume “Giacomo Leopardi: estetica e poesia” (Longo, 1992).

Emilio Speciale, dopo la laurea al Dams di Bologna con Umberto Eco, di cui è stato collaboratore, iniziò la carriera accademica come docente assistente al dipartimento di italiano alla Yale University (Usa), insegnando poi come professore all’Università di Chicago dal 1985 al 1993, anno in cui ha ottenuto la cattedra di letteratura italiana al Politecnico federale di Zurigo (ETH).

Emilio Speciale ha fondato la casa editrice Insula e nel 1991 ha dato vita alla rivista di poesia italiana “Novilunio”. Era membro del Centro di Studi Rinascimentali di Ferrara, dell’American Association of Italian Studies ed è stato presidente della Società Dante Alighieri di Zurigo.

 

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Ancora una conferenza di spessore quella che il prof. Scarpa, consulente del Centro internazionale di studi Primo Levi di Torino, ha tenuto lunedì scorso alla presenza di una ventina di soci: una rilettura del capolavoro di Primo Levi, “Se questo è un uomo”, un classico che quest’anno compie 70 anni ma che conserva ancora intatta il vigore espressivo e di testimonianza di un avvenimento storico e tragico di quando fu pubblicato.
La riflessione  di Scarpa era centrata sui noti riferimenti intertestuali di Levi alla Divina Commedia: la detenzione come viaggio nell’oltretomba, l’onnipresenza di Dante a più livelli, la propensione dell’autore a cogliere gli aspetti grotteschi e persino comici del campo di sterminio. Una serata estremamente interessante che speriamo di poter replicare presto con il prof. Scarpa affrontando la lettura di altri capolavori della nostra Letteratura del Novecento.

Alla presenza di una ventina di soci il prof. De Marchi dell’Università di Zurigo  ha ripercorso la carriera letteraria del narratore e poeta leventinese Giovanni Orelli, premio Schiller nel 2012, scomparso a dicembre dell’anno scorso(1928-2016).
Utilizzando un paio di racconti della sua ultima raccolta (I mirtilli del Moléson, 2014) e su alcuni dei suoi testi poetici, dai sonetti di Né timo né maggiorana (1995) ai versi di un volumetto come Frantumi (2014),  il prof. De Marchi ci ha accompagnati alla scoperta di questo – come Orelli stesso si definiva scherzosamente – “contadino che ha studiato”, del poeta e narratore apparentemente ossessionato dai ricordi di personaggi , piante, odori, emozioni, colori della sua infanzia leventinese, un “montanaro” in possesso di una sterminata cultura che lo aiutava a cavalcare la lingua e il dialetto con vitalità e leggerezza ma soprattutto con maestria critica e libertà intellettuale.

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Il prof. De Marchi con il nostro presidente, Manlio Sorba

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Il prof. Leandro Sperduti

Con le sue indiscutibili doti di divulgatore, il prof. Sperduti ci ha guidati con chiarezza e semplicità a scoprire e ad analizzare un ennesimo aspetto della mentalità dei romani, quello legato all’immigrazione. L’impero romano fu veramente cosmopolita e multirazziale; benché nell’antica Roma si riversassero di continuo entro i suoi confini incredibili ondate di immigrati, la percezione che di loro avevano i romani era decisamente molto più moderna di quanto si pensi. Malgrado le lamentele di molti eminenti romani, come per esempio Catone e Cicerone, bisognerà aspettare gli anatemi dei vescovi del primo cristianesimo per poter parlare di xenofobia.

Ringraziamo ancora una volta il prof. Sperduti per la sua partecipazione, come sempre estremamente proficua e stimolante, e ci auguriamo di averlo ancora tra noi anche il prossimo anno.

Ogni viaggio riserva delle gradite sorprese e dei piacevoli incontri, e quello che mia moglie ed io abbiamo fatto in questi giorni a Siviglia non è stato da meno. Vagando per questa splendida città del sud dell’Andalusia e attraversando l’Università della città, ci siamo imbattuti in un cartello su una porta con la scritta: “Dante Alighieri, Comité de Sevilla”.

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La sede della “Dante” di Siviglia

Spinti dalla curiosità siamo entrati interrompendo una lezione di italiano e dopo esserci presentati, siamo stati accolti con sorpresa e simpatia da due giovani insegnanti dei corsi PLIDA.

Tramite loro, due giorni dopo abbiamo avuto modo di incontrare la direttrice dei corsi, la dott.ssa Mari Castro (Responsabile Formazione Docente) e buona parte del comitato direttivo.

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All’interno dell’Università

Dopo i primi convenevoli e un paio di fotografie di rito nel cortile dell’Università, i nostri anfitrioni hanno voluto invitarci in una tipica “bodega” del centro storico.

Lì, davanti a un bicchiere di birra e ad un paio di succulente “tapas”, ci siamo scambiati impressioni, esperienze e idee per progetti futuri.

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Da sinistra: la dott.ssa Miriam Spinelli, mia moglie, Denise Sorba e la dott.ssa Mari Castro

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Da sinistra: l’avv. Antonio Ramos e l’avv. Enrique Algar.

 

 

 

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Un saluto ai soci della Dante di Winterthur

Ringraziamo ancora l’ avv. Antonio Ramos (Vicepresidente), l’avv. Enrique Algar (Tesoriere), la dott.ssa Miriam Spinelli (Segretaria) e la dott.ssa Mari Castro per la loro simpatia, per il calore e l’ospitalità con cui ci hanno accolti e ci auguriamo di rivederli presto, ancora a Siviglia o qui da noi a Winterthur.